lunedì 27 maggio 2013


Ovvero, l'importanza della rifiutologia!!!
Tra le discussioni che si fanno a proposito dello smaltimento dei rifiuti ricorre continuamente la raccomandazione di procedere alla "raccolta differenziata", ovvero separare, dai rifiuti misti, quelle componenti suscettibili di essere sottoposte a riciclo, cioè alla trasformazione di nuovo in merci utilizzabili.
La massa dei rifiuti solidi urbani, ammonta in Italia, a circa 40.000 milioni di chilogrammi all'anno, il che significa che ogni persona mediamente, produce ogni anno una massa di rifiuti corrispondente a oltre sei volte il proprio peso
Almeno la metà di questi oggetti potrebbe essere trattata per recuperare la materia che contengono. Si dovrebbero estrarre e usare meno petrolio e metalli, prodotti agricoli e forestali, tutti beni naturali scarsi. In seguito si diminuirebbe l'inquinamento delle acque, del suolo e dell'aria e si darebbe lavoro a migliaia di persone.
Il successo dei processi di riciclo dipende innanzitutto dalla conoscenza della natura e della composizione dei materiali di partenza, a tal proposito la scuola e le attività educative che in essa si svolgono hanno un ruolo fondamentale.
Ad esempio:
carta: da un chilo di carta da giornali si recupera meno di un chilo di cellulosa adatta per nuova carta e si formano alcune centinaia di grammi di fanghi in cui sono concentrate le altre sostanze. Il riciclo diventa più difficile se fra la carta straccia finiscono imballaggi contenenti sostanze cerose o plastiche.
vetro: le bottiglie in circolazione contengono gli ingredienti di base del vetro ma anche coloranti. Da un chilo di rottami di vetro bianco si ottiene, quasi un chilo di vetro bianco, dai rifiuti di vetro misti colorati si recupera vetro colorato, con minore valore merceologico. Bisogna inoltre stare attenti: nel “vetro” non vanno gettati rottami di vetro delle lampade fluorescenti, dei video o dei televisori, che contengono sostanze tossiche.
plastica: se i rifiuti fossero costituiti da una sola materia - polietilene, pvc (cloruro di polivinile), PET (poletilen-tereftalato), eccetera - sarebbe possibile rifonderli e ottenere nuovi oggetti della stessa materia, ma in presenza di miscele di varie è possibile al più ottenere oggetti di plastica di limitato valore, come piastrelle da pavimenti o paletti.
Pensate allo scarabeo stercorario: è un insetto che usa i rifiuti (proprio quel tipo di rifiuti) come alimenti.

Non esistono processi naturali che generano zero rifiuti, ma nell'ecosistema, i rifiuti di una specie sono alimenti per altre specie. E' un'applicazione del "principio dei ritorni decrescenti". Ogni creatura cerca di ottenere il massimo possibile dalle risorse alimentari che utilizza; ma oltre certi limiti, sfruttarle ulteriormente richiederebbe più energia di quanta non ne possa fornire. Quello che la creatura non può sfruttare e che abbandona lo possiamo definire come "rifiuto", ma tutto torna nel ciclo.
L'ecosistema biologico terrestre è ottimizzato da centinaia di milioni di anni di evoluzione.
Il sistema industriale umano somiglia molto all'ecosistema naturale: sfrutta risorse naturali e lo possiamo vedere come formato da un gran numero di "specie" che sono in competizione o in collaborazione. Esiste un campo della scienza che si chiama "ecologia industriale". Da questo campo, è nato il concetto recente di "C2C" ("cradle to cradle", "dalla culla alla culla") che ha estratto e enfatizzato il concetto fondamentale dell'ecologia sia industriale che naturale: ovvero che "i rifiuti sono alimenti" .
Il nostro sistema industriale non ha avuto le centinaia di milioni di anni che la natura ha avuto per ottimizzare l'ecosistema. Però, l'idea che bisogna "chiudere i cicli" comincia a passare e se applichiamo con coerenza i concetti del C2C dovremmo riuscire a fare di meglio di quello che stiamo facendo oggi. Basta ricordarsi che i rifiuti sono alimenti, non cose immonde da far sparire nel buco nero.

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